Il mondo continua a guardare con ammirazione all’arredamento made in Italy, ma quali sono gli altri paesi a giocare un ruolo da protagonista nel mercato dell’export?

Gli ultimi dati relativi all’export del settore dell’arredo parlano chiaro: le manifatture italiane occupano ancora il podio più alto, però non primeggiano più in modo così netto come qualche anno fa. A tener testa al primato italiano c’è la Germania che, nel 2016, ha raggiunto la quota di 11,6mld di euro di esportazioni contro i 10mld di euro (pari al 51,3% della produzione totale) dell’Italia. I motivi che stanno alla base di questo sorpasso si possono rinvenire nel fatto che la Germania è da sempre culla di importanti scuole di design, sicuramente più avanguardiste rispetto a quelle tradizionali del nostro Paese ma non per questo meno attente ai gusti del mercato; in più, grazie a una partnership con la Polonia (nuovo player del mercato del design per arredi), la Germania ha saputo creare un canale di produzione che, seppur decentrato, è comunque facile da controllare e da calibrare in base alle richieste degli acquirenti.

In un mercato globalizzato una competizione come quella che si trova a dover affrontare l’Italia deve far riflettere, soprattutto sull’opportunità di incrementare la gamma dell’offerta di design nell’arredo, mantenendo le caratteristiche che rendono unica la produzione nostrana, ma con una maggiore attenzione verso le tendenze del mercato mondiale. E, secondo Franco Caimi, AD di Caimi Brevetti, è proprio alla Germania che l’Italia deve rifarsi come modello per imparare a ”far gruppo”.

In certi casi, infatti, la soluzione per riacquistare competitività risiede proprio nella capacità di unire le forze per creare delle sinergie che rendano più solida la posizione delle aziende. Serve un mix di competenze anche diverse per far riacquistare appeal a un Paese e rendere competitivi i prodotti che esporta, continua Caimi ed è dello stesso parere anche Giovanni del Vecchio, AD di Giorgetti, il quale conferma come la qualità e l’elevata gamma, nonché la distribuzione retail, mantengano al primo posto i brand italiani, ma serva comunque maggiore solidità finanziaria e politica per rivaleggiare con i competitor mondiali.